La potenza della semplicità.
Dal 1 febbraio fino al 15 giugno 2014 il Museo del Tessuto di Prato ospita un’ampia mostra dedicata a un genio assoluto, che è stato pilastro della storia della moda italiana, Gianfranco Ferrè, la cui storia creativa viene ricostruita e raccontata a partire dal suo capo cult per eccellenza: la camicia bianca. La retrospettiva vuole essere un omaggio al lavoro e al talento dello “stilista architetto”. Ferrè fin dagli esordi si rese portavoce di un continuo dialogo tra l’architettura e la moda, rendendo possibile una contaminazione tra due linguaggi cosi apparentemente lontani e complessi. Ed è infatti nella progettualità del capo che risiede la vera originalità dello stilista sempre attento a fondere fantasia e metodo.
Un capo reinventato senza sosta, la camicia, il fil rouge di tutta la sua carriera, definita da lui stesso “segno inconfondibile del mio stile”.
Si intitola appunto “La camicia bianca secondo me” la mostra che vede esposte 27 camicie bianche, selezionate tra le più innovative e straordinarie, realizzate in 20 anni di attività. Il tutto supportato anche da disegni originali, dettagli tecnici, bozzetti, fotografie, istallazioni e proiezioni multimediali. L’allestimento, curato da Daniela Degl’Innocenti sotto la direzione artistica di Luca Stoppini, restituisce alla memoria 27 camicie bianche disegnate dallo stilista nel corso della sua carriera.
La rielaborazione della white shirt è sempre stata la sua firma inconfondibile, pezzi che diventavano cult istantanei, elementi identificativi dello stile Ferrè. Le progettava con la precisione che solo un architetto può vantare, poi le super modelle del tempo, indossandole in passerella, le rendevano uniche e magiche.
Nessuna nostalgia, ma un’esposizione che mira a illustrare la cultura e la storia del costume italiano, di un capo diventato icona della maison e presentato come una bandiera in tutte le sfilate di Ferrè dal 1982 al 2006.
Questa mostra ripercorre idealmente una delle più belle storie della Moda italiana e dunque non può essere considerata un omaggio, tout court, a Gianfranco Ferrè e al più iconico e amato dei suoi capi, ma si propone di indagare la filosofia e il modus operandi che caratterizzava il progetto che sottende la creazione della camicia.
Ferrè dava estrema importanza alla ricerca, al taglio, alla costruzione e al sapiente uso dei diversi tessuti.
Grazie al suo approccio tecnico e alla sua passione per la materia, questo capo fu per lo stilista italiano la sua più grande invenzione, vero e proprio paradigma dello stile Ferré.
Trasformare la camicia significava per Ferrè aggiungere, togliere, estremizzare e fondere diversi tessuti come il taffetas, l’organza, il raso, il tulle ed i ricami.
Che fosse austera o avvolgente, con colli di pizzo o fiocchi di chiffon cuciti su una manica sola, per lo stilista l’importante era renderla diversa ogni volta ma soprattutto trasformare un oggetto basico del guardaroba maschile in un capo estremamente femminile.
Un gioco, quello tra maschile e femminile, che ha sempre affascinato il disegnatore per la sensualità intrinseca e che ha sempre caratterizzato la sua doppia natura, onirica da una parte e progettuale dall’altra.
E fu seguendo questa idea che diede alla luce grandi capolavori di sartorialità, mixando genialità creativa e progettuale.
Da febbraio a giugno “La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferré” sarà accompagnata da un interessante calendario di eventi e attività collaterali concepite in relazione ai contenuti della mostra e da una significativa offerta didattica pensata sia per l’alta formazione nel settore della moda sia rivolta a scuole, istituti e accademie dei settori design, architettura e arti applicate.
La camicia come pretesto per raccontarci un uomo depositario di un immensa eredità artistica e di costume, una figura importantissima del nostro patrimonio culturale che esprimendosi nella moda si è sempre distinto per la sua innata classe e raffinatezza.
Stilista che onorerà per sempre il nostro made in Italy.
Un evento davvero da non perdere, dopo la scomparsa del maestro la cui memoria è raccolta nella Fondazione Gianfranco Ferrè, che ne custodisce e tramanda il lavoro grazie al prezioso archivio e le numerose attività guidate da Rita Airaghi (direttrice della Fondazione Ferrè, nda).
di (Sabina Brandi)