Ci sono tre buoni motivi per cui vale la pena andare alla Locanda dell’Ultima Solitudine.
Il primo, è perchè è il posto più bello del mondo; una nave mancata, fuori dal mondo e dal tempo, dalle cui finestre si può godere della vista del mare, del vento, degli scogli. Il secondo, è perchè si mangia bene, si possono infatti assaggiare le dieci portate più deliziose che si possano immaginare. Il terzo, è perchè la chiave per arrivarci risiede sul fondo di un baule di una casa vuota, in un biglietto dove il destino ha già scritto la sua storia: un appuntamento, fissato dieci anni prima del giorno prescelto, per due persone che non si conoscono, ma si aspettano da tutta una vita.
E’ un’originale favola d’amore, quella che Alessandro Barbaglia ci racconta con una scrittura leggera, che danza tra espressioni poetiche e giochi linguistici. Ci trasporta in luoghi surreali, di una dimensione più interiore che geografica, dove il personaggio di Libero ci insegna ad apprezzare il valore del tempo e il piacere dell’attesa.
Se si desidera qualcosa, basta soltanto aspettarla, perchè solo chi non ha fretta di arrivare a destinazione potrà godersi lo spettacolo finale e, nel frattempo, anche la piacevolezza del viaggio. Viaggiare con l’immaginazione riempie gli spazi interiori di speranza e di sogni.
Sarà il destino a metterci lo zampino affinchè Libero riesca a cogliere segnali e sentieri altrimenti invisibili, ed essere così condotto alla Locanda dell’Ultima Solitudine. Laddove tutte le incongruenze della vita si incastrano alla perfezione. E dove i sogni, prima soltanto immaginati, potranno essere afferrati e riposti negli spazi liberi lasciati dalla vita.
Un inizio davvero promettente per Barbaglia, che ci delizierà con una scrittura e una visione della vita del tutto singolari.
di Sabina Cenac