In un palazzo abbandonato al centro di Roma, l’anziano e ultimo inquilino ripercorre attraverso un archivio di copioni, giornali e fotografie la storia di un’esistenza vissuta tra palcoscenico e camerino.
Il Corrado Lazzari di Francesco Carofiglio è stato il più grande attore del Novecento, ed è ora pronto a recitare il suo ruolo conclusivo: l’uomo malato, stanco del mondo e misantropo, che si prepara a uscire di scena. Le mura della sua stanza proiettano ogni giorno i ricordi del suo personaggio più riuscito, l’Amleto shakespeariano, le tournée in giro per il mondo, gli anni con l’ex compagna e le platee che l’hanno adorato, finché non appare Alessandra, ventunenne timida e insicura, a cambiare le carte in gioco.
Quale migliore espediente per tornare a calcare le scene se non una giovane laureanda che, il caso vuole, studi Lettere a indirizzo teatrale, e conosca a memoria tutte le opere e i libri che appassionano il nostro attore? Corrado ritrova così un’audience e nulla lo distoglie dalle chiacchierate con la studentessa, con la quale instaura un rapporto complesso, alla cui base giace però un egoismo profondo. Difatti, l’esperienza dell’età gli suggerisce i veri sentimenti di Alessandra, e la possibilità che in lui riveda il padre che ha perso da bambina o un compagno con passioni che lei non riesce a esprimere. A conti fatti, Alessandra si rivela un personaggio marginale, con un innato spirito da crocerossina, ma quasi inesistente mentre ascolta le interpretazioni e i racconti del Maestro, prendendo appunti per la tesi. “L’ultimo pubblico” del grande Corrado Lazzari potrebbe essere una ragazza qualsiasi.
“Gli artisti vivono in quello che producono, la vita importa poco”, dice l’attore alla pupilla, rendendosi ormai conto delle motivazioni dietro le sue scelte di vita. È consapevole di aver vissuto solo tramite le sue opere e che “la vita ha imitato l’arte più di quanto l’arte non abbia imitato la vita”, come avrebbe osservato Wilde. I suoi ricordi non sono rimpianti, non ripensa all’ex compagna con dolore o rammarico, all’impossibilità di esserle fedele o ai limiti di un amore che l’ha portato a non fermarla quando lei ha deciso di lasciarlo.
Con uno stile narrativo semplice e sincopato, la lettura procede veloce, senza intoppi e senza grandi emozioni, alla scoperta della grande verità dietro questo romanzo: Corrado non concepisce l’essere ignorato, il finire i suoi giorni in un appartamento desolato. È un personaggio che ha dovuto fare i conti con la vecchiaia, con il decadimento di un corpo che è sempre stato uno strumento del mestiere, ma non con l’invisibilità. Persino prima di morire, il suo narcisismo lo porta a utilizzare il registratore di Alessandra per recitare l’ultimo atto.
Tirando le fila della storia, vi sono delle riflessioni interessanti sulla fragilità della vecchiaia e sul palcoscenico come metafora della vita, principio che viene distrutto, in quanto il teatro si sostituisce ad essa. E in un momento di solitudine, quando il sipario si sta per chiudere, Corrado riceve il dono della compagnia di Alessandra, forse molto più di ciò che si merita.
La storia de “Il Maestro”, dello scrittore e regista Francesco Carofiglio, è edito da Piemme e vi aspetta nelle librerie con un intreccio fra arte e vita, accettazione e speranza.
di Ginevra Bonina