Londra, gennaio 1947. Le circostanze poco chiare della morte di Charlie Grice, fra gli attori teatrali più amati del tempo, gettano nuove ombre fra le macerie del secondo Dopoguerra. La moglie Joan, impazzita dal dolore, sente ancora la sua voce, ed é durante una replica dell’ultimo spettacolo di Grice che si convince che il suo spirito viva nel corpo del suo sostituto: Frank Stone, in arte Daniel Francis.
Ne “La guardarobiera” di Patrick McGrath, le fasi della perdita sono legate agli abiti e alle maschere. Nella prima parte del romanzo osserviamo la tragedia di una costumista ebrea che insiste per stringere amicizia e regalare i vestiti del compagno a questo giovane attore che lei definisce il recipiente di Gricey, tentando di trasformare in realtà le sue allucinazioni. “É solo che non voglio qui i vestiti di Gricey. Mi sento turbare quando li guardo. Penso stia per tornare”.
In questa atmosfera cupa e grottesca, scandita da miseria e solitudine, si aggiunge la figlia Vera, attrice anch’essa e moglie del presunto assassino di Gricey. Joan entra nella sua seconda fase, quella del bisogno, ma finisce per prendere le distanze dall’egocentrismo e dalla psicosi della ragazza, che si rinchiude in soffitta per settimane per provare le battute di un nuovo spettacolo.
Così, la sua attenzione volge nuovamente verso Frank e il rapporto tra i due sfocia in una relazione disperata e malsana: “era comparsa una separazione nella stoffa, uno strappo. Joan aveva pensato che sarebbe apparso Grice, essendo Frank Stone il recipiente. Invece era Frank che stava apparendo, e Grice, beh Grice si stava via via offuscando“.
Nella parte finale del romanzo, Joan intravede un barlume di verità, scoprendo nel guardaroba del marito una spilla e una uniforme fascista. Le certezze e le fantasie crollano in un singolo istante, spingendola a partecipare insieme al genero a un piano di sabotaggio di un comizio antisemita dal finale a sorpresa.
“La guardarobiera” è l’ennesima conferma del talento di McGrath, che torna nuovamente sui temi di follia e ossessione, intrecciandoli con la resistenza di nazismo e antisemitismo nell’Inghilterra del Dopoguerra. Con un coro di donne in funzione di io narrante, l’autore ci coinvolge in una storia di sofferenze simile a una tragedia greca, di cui condivide motivi ricorrenti quali gelosia e vendetta, irrazionalità e follia.
di Ginevra Bonina