Dan Brown sa come conquistare pubblico e critica. Lo prova con il suo nuovo romanzo INFERNO, dal ritmo incalzante, a tratti spasmodico, che cattura il lettore fino all’ultima riga.
Architettura complessa – come un colossal hollywoodiano – ma scrittura avvolgente, che proietta immagini e pensieri nella mente del lettore. Da qui l’idea che lo stile di Brown possa essere definito teatrale-cinematografico.
Il quinto romanzo dell’americano Brown ha per protagonisti il professore di Harvard, Robert Langdon, in compagnia di una misteriosa e avvenente donna, Sienna. La trama è avvincente nonostante si regga per quasi tutto il libro su un semplice espediente, quale la perdita della memoria del protagonista.
Capitoli brevi snocciolano il tema e danno la velocità al procedere degli eventi (la storia si svolge in pochissimi giorni). Le situazioni si capovolgono e stravolgono all’inverosimile, i buoni diventano cattivi e viceversa. La scenografia mobile, e la sua descrizione, che porta i protagonisti dalle stradine medievali di Firenze all’elegante laguna veneziana, sino alla bianca e caotica Istanbul, fa sì che il lettore non si perda dietro una lunga serie di inseguimenti, bensì ne facilita la lettura.
“Inferno”: più coinvolgente nella prima parte, più meditato nella seconda per smontare pian piano il castello di carte da lui stesso creato e tenendo alta la tensione grazie ad alcuni passaggi in cui vengono poste domande etiche legate al problema della sovrappopolazione (“Uccideresti metà della popolazione per salvare la nostra specie dall’estinzione?”) che tengono il lettore agganciato alla storia attraverso il pericolo – tutto contemporaneo – del terrorismo biologico.
La descrizione dei luoghi è come al solito molto precisa, ma alcune illustrazioni sarebbero state doverose al tema infernale, come una bella mappa rappresentativa nell’ideale browniano e/o la battaglia di Marciano (nda.).
La ricetta pare comunque chiara: tutto ciò che è celato, misterioso, inestricabile coinvolge, emoziona e, perché no, fa botteghino. E se a questo concentrato aggiungiamo Dante e la carica di curiosità e simbologia derivanti dalla sua Cantica più riuscita il successo è assicurato. Del resto la stessa Mondadori, che più di ogni altra sa fiutare business redditizi, ha già provveduto alla traduzione del libro in diverse lingue.
Esaurita la spinta della novità c’è da attendersi un calo del consenso nei confronti del celebrato Brown o la possibilità anche per lui di reinventarsi e proporre in futuro un libro fuori dai suoi consueti schemi? Noi crediamo di no!
(di Rosa Gioffrè)