Philip K.Dick: il futuro è già qui

Blade Runner e Minority Report sono solo alcune delle creature nate dalla mente di questo incredibile autore
“Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi”: alzi la mano chi non conosce questa battuta. Nessuno, vero? Già, perché queste parole sono entrate di diritto nella storia del cinema grazie al film Blade Runner, diretto da Ridley Scott nell’ormai lontano 1982.

In questa bella storia di successo, però, c’è un aspetto che non tutti conoscono: e cioè che il buon Ridley, cui va il merito di aver girato un film che è ancora oggi tra i capisaldi del genere fantascientifico, è stato “aiutato”. Ebbene sì, perché Blade Runner nasce come racconto: Do Androids Dream of Electric Sheep? Ecco il titolo originale. Un bel cambiamento, no?
Questo racconto è solo uno dei tantissimi scritti da Philip K.Dick, autore americano nato nel 1928 e considerato come uno dei padri della letteratura fantascientifica e cyberpunk.

Sposato ben cinque volte, padre di tre figli, qualche piccolo problema di dipendenza da anfetamine: tutto questo non gli ha impedito di scrivere, scrivere e scrivere. Accostare Philip K.Dick alla sola letteratura fantascientifica però, è riduttivo; nei suoi racconti c’è molto di più. Tra gli anni ‘50 e gli anni ’70 raggiunge il massimo della sua produzione e la critica ritiene che molte delle sue opere migliori siano state scritte in questo periodo.

Una su tutte? La svastica sul sole, racconto di un mondo dominato dal nazismo e dall’imperialismo nipponico, dove la storia è andata molto diversamente rispetto a quella che conosciamo noi.
La letteratura di Dick non è per anime candide, desiderose di leggere storie in cui il futuro è radioso e splendente; no, i racconti di P.K. Dick sono oscuri, complessi, a tratti angoscianti. Il mondo di cui parla è dilaniato da guerre intergalattiche, gli alieni possono essere crudeli e pronti a scontrarsi con gli umani – come nel racconto L’ora dei grandi vermi – oppure disposti a una convivenza pacifica. Molte figure che a prima vista potrebbero sembrare umane non lo sono, e finiscono per rivelarsi androidi: guerrafondai in La penultima verità, ma anche perfettamente identici agli umani, tanto da non sapersi distinguere neanche loro stessi ne I simulacri e Impostore.

I fondamenti della letteratura di Philip K.Dick sono legati all’idea di realtà e illusione: in tutti i suoi racconti, sia il protagonista che il lettore sono costretti irrimediabilmente a chiedersi cosa sia reale, cosa sia umano, e cosa no. E non sempre la risposta è scontata. Elementi reali si mischiano alla fantasia, creando un universo distopico e capace di far vacillare tutte le certezze di chi ci vive. Poteri extrasensoriali che permettono, a chi li possiede, di dominare sul resto della società; manipolazione dei ricordi, mondi dominati da dittature fin troppo simili a quelle che la nostra storia ha già dovuto affrontare e sconfiggere. Nella letteratura di Dick i canoni classici della fantascienza sono presi e stravolti, mescolati con elementi pulp e cyberpunk.
La critica sostiene che i film tratti dai suoi racconti – Blade Runner, Atto di Forza e Minority Report siano fedeli solo a grandi linee ai loro fratelli di carta: quale occasione migliore allora, per mettersi alla prova in un interessante confronto? E quale occasione migliore, tra le altre cose, per sfatare il mito – peraltro molto fastidioso e poco veritiero – della donna che ama leggere solo libri romantici e infarciti di buoni sentimenti?

Il coraggio non ci manca.

 

di (Martina Porzio)

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