Deregibus scrive un saggio di 700 pagine in onore di Francesco De Gregori, Principe della musica italiana
Primi anni Settanta, Francesco De Gregori è un giovane ragazzo e forse proprio per questo si impone, fra i cantautori, come il più rivoluzionario. Più precisamente a ventun anni, nel 1972, con l’amico Antonello Venditti pubblicò il primo LP, Theorius Campus. L’anno seguente debuttò come solista e da allora decollò la sua carriera: performance che hanno cambiato la scena della musica italiana grazie a una capacità di attrazione unica nel suo genere. Un vero e proprio fautore di una musica nuova, portatore sano di linguaggi inediti, ossimori, metonimie, simbologie talvolta esplicite e sottese, sinestesie spiazzanti. Questa è l’essenza della prima scrittura degregoriana.
Il nuovo saggio di Enrico Deregibus – stimato studioso e cultore della canzone italiana – Francesco De Gregori. I testi. La storia delle canzoni, proprio con le parole del Principe instaura un corpo a corpo per niente banale. Gli oltre duecento testi del cantautore vengono commentati minuziosamente. Il libro ha la mole di una Bibbia, ma l’approccio di Deregibus è decisamente più ammaliante di quello profetico: un taglio sistematico che si accompagna a quello giornalistico, poco analitico ed incredibilmente personale.
Il curatore annota e commenta i brani in una radiografia esaustiva ma di cui non se ne ha mai abbastanza. Nei commenti ritroviamo la genesi dei brani, le loro fonti, le ispirazioni. Ma anche la loro eredità, che passa attraverso le tante reinterpretazioni di altri artisti, menzionate in calce. Ci sono gli aneddoti e soprattutto le dichiarazioni, pur di seconda mano, dello stesso cantante. Questo libro profuma di De Gregori con la sua creatività, l’arte, il cantautorato, il genio e la poesia.
Colonna sonora di intere generazioni
Tra le pagine chiare e le pagine scure rileggiamo i primi testi con Lo Cascio e Venditti, imbattendoci per la Signora Aquilone, Little Snoring Willy – unica parentesi anglofona – e poi Alice, figlia dello stream of consciousness di Joyce e del surrealismo di Fellini e Antonioni. Dopo cinquant’anni, la sua inconsapevolezza (“Alice non lo sa…”) è ancora parte di noi. Scopriamo che Hilde oggi gestisce un supermercato e contiamo le ventotto parole de I musicanti.
“Ecco così il libro che avete tra le mani. Decisamente imponente, fuori dagli standard editoriali italiani per volumi di questo tipo: 700 poderose pagine. È un onore avere quelle parole, con le quali sono cresciuto, vicine alle mie. Però ricordiamoci di un cosa fondamentale: i testi senza musica sono monchi, non sono le canzoni. È come se al posto di vedere un film uno leggesse la sceneggiatura: va benissimo, può essere affascinante, può contribuire ad aprire dei mondi, ma il film è un’altra cosa”. Chiude così Deregibus, ricordandoci che la nostra generazione si è mischiata a De Gregori. Le sue canzoni sono diventate le nostre parole, il nostro linguaggio. Ci ha accompagnato, supportato, espresso i nostri pensieri.
La sua ritrosia, il suo disinteresse per l’immagine pubblica filtrata da media e il carattere in un certo senso aristocratico, elitario della sua musica e dei suoi versi, gli sono valsi il celebre soprannome di “Principe” della canzone italiana. Quindi, grazie Principe. Per averci insegnato, tramite Nino, che un giocatore lo si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia. Per averci fatto rispecchiare in amori andati male; e quante volte abbiamo detto anche noi: “Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro”. Grazie per le dolci notti anticipate da Buonanotte Fiorellino, in cui ci siamo sentiti gracili e bambini, anche da adulti. Grazie perché il tuo nome, in faccia a maligni e superbi, scintillerà. Ed infinite grazie perché – sempre e per sempre – dalla tua parte ci troverai.
di Cristiana Storelli