All’insegna delle novità, l’apertura della 69ma Mostra del Cinema di Venezia. Ieri sera (29 agosto), sul palco, per la prima volta, sono saliti tutti i giurati delle tre sezioni a concorso (Opera Prima, Orizzonti e Venezia69). Sono stati mostrati i trailer di tutti i film, che assaporeremo nei prossimi giorni, e si è reso omaggio al presidente della giuria madre, Michael Mann, che ha voluto personalmente montare un collage di frammenti tratti dai tutti i suoi film (dal primo Collateral, all’ultimo L’ultimo dei Mohicani).
Il direttore della mostra, Alberto Barbera, rientrato al Lido veneto dopo tredici anni dalla sua prima nomina, ha preferito passare lo scettro del discorso inaugurale e rimanere seduto in prima fila a godersi lo spettacolo. Che abbia voluto imitare il direttore di Cannes (che a maggio decise di non parlare all’apertura della rassegna francese) o meno, Barbera ha voluto ricalcare quello che già fece alla sua prima direzione e lasciare spazio ai veri portagonisti dell’arte del cinema: film, autori e giurati. Il testimone d’apertura è, così, passato alla madrina della serata, Kasia Smutniak, che ha sfoggiato un elegante e casto abito lungo rosso di Armani Privé, con solo una piccola scollatura a V sulla schiena e i capelli raccolti in un perfetto chignon d’altri tempi: due piccoli dettagli che hanno permesso di individuare un tribale tatuato sulla nuca.
Tra i giurati, molti volti noti dello star system e del mondo dell’arte: Jafar Panahi, regista iraniano rinchiuso in carcere dal regime, molto apprezzato in questa sede che lo vide vincitore del Leone d’Oro con il film Il Cerchio; Marina Abramovic, artista serba, amante dei riflettori, tanto che nella sua ultima mostra al MoMa di New York rimaneva all’interno del museo per ore (non è casuale il titolo che scelse, The artist is present); Laetitia Casta, attrice e modella, sempre e molto ammirata dal pubblico e gli addetti ai lavori italiani; Bob Sinclar, artista pop e da tempo non più semplice dj francese, ma produttore discografico e proprietario dell’etichetta Yellow Productions, e, infine, Pierfrancesco Favino, attore e doppiatore italiano, designato per l’occasione presidente della giuria della sezione, Orizzonti.
La mostra ha alzato il sipario con un film fondamentalista, dell’Est: perchè la rassegna cinematografica italiana è di qualità e vuole affrontare temi importanti, al rischio di dibattiti accesi.
Ad aprire le fila è stato, infatti, The reclutant fundamentalist, della regista indiana Mira Nair. Lei è ormai un’habituè del Lido, insignita del Leone d’Oro nel 2001 con Monsoon Wedding. Il film che ha portato quest’anno (indossando un vestito elegante dal mood etnico e coloratissimo) affronta il tema arduo del dopo 11 settembre, seguendo la storia di un professore pakistano, giovane e trasferitosi in America, dal futuro luminoso. Una luce che si spegnerà dopo la tragedia, con un senso d’alienazione e di sospetto che lo porteranno a tornare in patria, a diventare un guru per i suoi studenti locali e a essere così considerato un pericolo dal governo americano. Due fondamentalismi, quindi: la religione e l’economia.
La prima accoglienza al film, possiamo però dire essere stata positiva, uditi, per cinque minuti consecutivi, applausi dalla platea.
Post proiezione, i critici cinematografici già parlano di qualità delle pellicole e di alte performance degli artisti. Un’attesa particolare è per un film nostrano, quello di Marco Bellocchio, intitolato Bella addormentata che snocciola la storia singolare di Eluana Englaro. Un argomento delicato, al punto che il regista ha già rilasciato alcune dichiarazioni-premesse, ma la polemica e il dibattito saranno d’obbligo.
Arriviamo alla moda, al lusso, all’immagine. Se la Mostra rischiava di vedersi diminuire il finanziamento pubblico (smentito perchè rimasto invariato con 7,5 milioni di euro), sicuramente non hanno badato a spese i partecipanti, tra cui quest’anno ha prevalso il gentil sesso. Infatti, le attenzioni sono state quasi tutte per le donne, non essendoci nomi del calibro di Brad Pitt, George Clooney o Johnny Depp.
Armani è presente, firmando la veste rossa sopra-citata della madrina. Dolce&Gabbana ha invece curato la mise di Laetitia con un long dress di pizzo nero, dalle molte trasparenze, al punto di intravedere volutamente reggiseno a balconcino e culotte anni cinquanta. Stessa scelta pizzosa, ma in bianco, per Isabella Ferrari, che sceglie, però, di indossare sotto un tubino minimal, ton sur ton, più nelle sue corde.
Alberta Ferretti firma il dress code per due: un bustier in chiffon di seta con tagli, piume, lunghe maniche di pizzo e scollo a V con ampio sottogonna a ruota in tulle e cintura di raso color rosa antico per Fiammetta Cicogna, che tiene tra le mani una pochette, dagli innumerevoli specchietti, metallizzati, a mosaico, per dare un tocco di luce silver al suo abito etereo; e un long dress con piccolo strascico e importante spacco sul davanti, in organza e bustier drappeggiato con scollo a cuore per Violante Placido, legatissima al brand e fedele sfoggiatrice dei suoi abiti in quasi tutti gli eventi pubblici. A completamento, sandali alti con plateau, sempre rossi, a listini incrociati e clutch gioiello, rosso fuoco, con tutti i dettagli in oro (monili compresi).
Il cipria è, invece, il colore scelto da Kate Hudson e Naomi Watts. Kate indossava un abito dell’atelier Versace, prezioso, completamente ricamato da swarovski e composto da più pezzi, tenuti insieme da sottilissime catenelle, sempre di cristalli. Naomi, invece, aveva una mise più retrò con enormi volants e pizzi, firmata Marchesa.
Unico uomo degno di nota, ieri sera, è stato il già citato Bob Sinclar, che non ha sbagliato seguendo il dress code dello smoking.
(di Azzurra Zaglio)
Informazioni
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