ACAB, la serie Netflix che svela le ombre dietro il potere

La serie si dipana tra le vite di uomini che indossano il potere della legge, ma che si trovano costantemente a scontrarsi con le proprie crepe interiori

di Martina Belotti

Disponibile su Netflix dal 15 gennaio, ACAB è la nuova serie diretta da Michele Alhaique, tratta dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e già trasposta al cinema nel 2012 da Stefano Sollima, che qui assume il ruolo di produttore esecutivo. Con sei episodi prodotti da Cattleya, la serie esplora i conflitti interiori e sociali di un reparto mobile della polizia, proiettando lo spettatore dentro le dinamiche di una squadra che si muove al limite tra giustizia e violenza.

ACAB non è una serie che si accontenta di raccontare una storia, è un’esperienza che scuote il pubblico dalle fondamenta. Fin dal primo episodio, ci guida in un viaggio oscuro e senza filtri, affrontando temi che raramente trovano spazio sullo schermo: la brutalità del sistema, la violenza nascosta dietro le divise, e la corruzione che permea ogni angolo della società. Eppure, non si limita a denunciare. ACAB invita a riflettere, a farsi domande scomode e a esaminare la nostra complicità nel perpetuare certi meccanismi.

La serie si dipana tra le vite di uomini che indossano il potere della legge, ma che si trovano costantemente a scontrarsi con le proprie crepe interiori. I protagonisti non sono eroi anti eroi, ma esseri umani che navigano in un mare torbido di decisioni morali difficili. Ogni azione sembra carica di conseguenze, ma non ci sono scelte facili. La giustizia stessa sembra sfumare, diventando un concetto ambiguo, interpretato attraverso le lenti di chi la esercita e subisce.

ACAB non vuole semplicemente farvi vivere un dramma, vuole mettere a nudo l’animo umano, mostrarti i suoi angoli più bui e farvi riflettere su quanto davvero possiamo fidarci di chi è incaricato di proteggerci. Non ci sono buoni o cattivi, ma solo individui che lottano con se stessi, con il sistema che li opprime e con la propria moralità. Ogni episodio è come un pugno nello stomaco: inizia come una storia di ordinaria violenza, ma lentamente rivela le sue verità più sconcertanti. E quando pensi di aver capito, arriva sempre un colpo di scena che ti costringe a rimettere in discussione tutto ciò che hai visto.

Il ritmo è incessante, ma ciò che davvero cattura è l’atmosfera di incertezza che permea ogni scena. Le scelte dei protagonisti sono complesse e mai univoche: ogni gesto, ogni parola, sembra esserlo in risposta a un sistema che non ammette debolezze. Ma dietro la spietatezza c’è l’umanità, e dietro l’umanità ci sono domande che nessuno vuole fare.

Non voglio svelarvi troppo, perché ACAB è una serie che merita di essere scoperta. Se siete pronti a immergervi in un mondo dove la verità è spesso distorta e dove ogni decisione sembra avere un prezzo troppo alto, allora questa serie è per voi. Ma attenzione: non si tratta solo di intrattenimento. ACAB vi farà riflettere, vi farà sentire a disagio, e, se sarete sinceri con voi stessi, vi farà anche mettere in discussione ciò che pensate di sapere sul potere e sulla giustizia.

Preparatevi a vedere il lato oscuro della legge. ACAB è più di una serie. È uno specchio.

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