Arrivederci al prossimo anno, Milano Film Festival! A lavori chiusi della 18 edizione del Milano Film Festival, la kermesse che ogni anno ospita registi internazionali e trasforma la città in un vero e proprio quartiere della cultura, la soddisfazione per numero di spettatori e partecipanti è tanta.
Serata di premiazioni, di saluti e come sempre tanti sorrisi quella che si è tenuta a fine lavori presso il Piccolo Teatro, quartier generale della manifestazione. Tra i cortometraggi la giuria composta dalla rivista di critica cinematografica Uzak assegna come Miglior Film il premio al regista spagnolo Jorge Lopez Navarrete con “Pequeño Bloque de Cemento con Pelo Alborotado conteniendo el mar”. Menzione Speciale va a Chigger Ale di Fanta Ananas.
Per il premio Aprile, il comitato di selezione dei film premia Mirage à l’Italienne di Alessandra Celesia mentre la Menzione Speciale a Peristalsi di Enrico Iannaccone, regista di soli 23 anni.
Il premio del pubblico viene dato a Rabbit and Deer dell’ungherese Peter Vácz , mentre il premio Staff, all’unanimità, a Quelqu’un d’extraordinaire di Monia Chokri e Dentro di Emiliano Rocha Minter.
Premio della Giuria composta dagli studenti di Statale e Iulm va a In bloom di Nana Ekvtimishvill, Simon Groß/ Georgia e last, but not least, il premio Miglior Animazione attribuito a Malaria di Edson Oda.
Per il concorso lungometraggi la giuria composta da Davy Chou regista e produttore francese, Anna Henckel-Donnersmarck, Programmer alla Berlinale e Cosimo Terlizzi, regista italiano, assegna il premio a Les rencontres d’après minuit di un emozionatissimo Yann Gonzalez.
Con grande piacere, nel corso della serata, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare una delle registe partecipanti a questa edizione del Film Festival, Maria Florencia Alvarez.
Maria, parlaci un po’ di te, quando è iniziata la passione per il cinema?
Ho iniziato gli studi di sociologia, ma mi sono resa subito conto che non faceva per me, non volevo passare tutta la mia vita immobile, magari non è così, ma la mia impressione è stata questa. Allora ho deciso di studiare cinema, ma nella mia famiglia non ci sono artisti, mio padre pensava che fosse solo un momento e invece… non lo è stato.
Qual’è stato il percorso che ti ha portata a realizzare un lungometraggio?
Dopo i primi tre cortometraggi che ho realizzato, Nena, Perro Negro e Sobre la Tierra ho deciso di realizzare un lungometraggio, la mia idea è nata nel lontano 1998 e si è evoluta fino alla realizzazione del film. Devo dire che sono stata un po’ spaventata nel conciliare la mia famiglia con il lavoro, mi chiedevo sempre, ma come ci riuscirò? E alla fine ci sono riuscita.
Hai trasferito alcuni aspetti della tua personalità in Habi?
Diciamo di si, alcune esperienze che ho raccontato le ho vissute in prima persona, come l’episodio di Margarita. Inoltre anch’io come Habi, sono stata molto attratta dalla cultura islamica e mi ha portata ad approcciarmici senza dover necessariamente dire è sbagliata a priori.
Hai analizzato profondamente la personalità dei vari personaggi del film, ma non ci mostri nulla di Buenos Aires perchè?
Il mio intento era quello di raccontare una storia che potesse adattarsi tranquillamente a tutte le epoche storiche, senza una vera e propria collocazione spazio-temporale. Quel che mi interessava maggiormente era sottolineare come la protagonista recandosi in una città grande e diversa potesse inventarsi una nuova identità e scoprire da vicino una cultura introspettiva quale è quella Islamica.
Dalla Berlinale all’International Film Festival di San Francisco, come ha accolto il pubblico il tuo film?
Il film dalle tante opinioni che ho potuto sentire è piaciuto molto e molto interessato all’argomento.
Progetti per il futuro?
Vorrei analizzare la drammatica situazione della tratta delle donne che sta diventando un problema non solo per Buenos Aires (la sua città, n.d.) ma per tutto il Mondo.
(di Dafne Funeck)