In una serafica cittadina americana, la scomparsa senza apparenti ragioni di due bambine (Anna ed Eliza, interpretate rispettivamente da Erin Gerasimovich e Zoe Borde) fa raggelare il sangue ai genitori delle piccole, nonché l’intero scenario.
Lo scrupoloso Detective Loki (impersonato da un poliedrico Jake Gyllenhaal) svolge le indagini, brancolando nel buio, per quasi tutta la durata del film.
I genitori delle piccole, rappresentano anch’essi un’incognita per il Detective per via delle loro reazioni nettamente contrastanti: Keller Dover (l’ex Wolverine, Hugh Jackman), il padre di Anna, diventa presto intollerante ed incapace di non interferire con lo svolgimento delle indagini, in un modo di fare che sfocia a tratti in atteggiamenti violenti.
Contrapposta la reazione della madre della bimba, Grace (Maria Bello), che risulta quasi passiva alla morsa di dolore che viene a crearsi e ricorre a calmanti.
Dall’altro lato, Franklin Birch (Terrence Howard), padre della piccola Eliza, tenta di non lasciarsi prendere dal panico, mentre la madre Nancy (Viola Davis) sembra più volta ad appoggiare l’impulsività del signor Keller.
Nonostante il tempo di durata si prolunghi a rischio di perdita d’attenzione, “Prisoners” si rivela un film che appassiona e mantiene con il fiato sospeso. Riesce a non cadere nella trappola ricorrente delle pellicole thriller e non lascia trapelare chi sia il colpevole in maniera ovvia o scontata prima del finale.
Usando gli stessi caratteri del film (ognuno prigioniero di qualcosa, primariamente dei propri timori) come metafore, Denis Villeneuve, apre così la riflessione su problemi sociali sui quali l’opinione pubblica mondiale è ancora divisa, come la tortura e la pena di morte.
Il regista, vuole schierarsi, infatti, dal lato dei diritti umani e del rispetto della vita nella sua stessa essenza
di (Aglaia Restuccia)