Un’opera complessa, bensì affascinante
La vicenda si svolge nella Spagna di Filippo II, e dipinge un affresco che raffigura da una parte amore, amicizia e libertà, dall’altra il senso di potere, supremazia estrema e solitudine. I personaggi, spesso solitari, vivono un intreccio di tradimenti, sospetti e delusioni. Il regista di questa edizione è Lluis Pasqual, i costumi sono di Franca Squarciapino e le scene di Daniel Blanco; il direttore è Riccardo Chailly. Il cast davvero eccezionale, è composto da Michele Pertusi, nei panni di Filippo II, Francesco Meli è Don Carlo, Anna Netrebko è Elisabetta di Valois, Elina Garanca la principessa di Eboli e Luca Salsi Rodrigo, il marchese di posa.
La tematica del potere assoluto
Dopo Macbeth di Verdi nel 2021 e Boris Godunov nel 2022, con Don Carlo quest’oggi si riflette nuovamente sulle logiche di chi detiene il potere assoluto: esso disintegra, annulla la felicità individuale di chi detiene il potere ma anche degli oppressi; degli oppressori e dei vinti.
Questa produzione di Don Carlo rispecchia le due facce di una medaglia composta da dramma storico da una parte, e manifesto romantico dall’altra: i temi proposti sono la libertà del sentimento, la relazione tra padri e figli, e la liberazione dei popoli oppressi. A fare da sfondo, il conflitto tra potere spirituale e quello temporale.
L’abbigliamento dei personaggi interpreti riprende quello di un tempo, ma lo alleggerisce nei materiali per donare una libertà di movimento e una certa vitalità romantica. I personaggi sono sì collocati nella loro epoca, presentando però caratteristiche, comportamenti ed emozioni anche attuali. Questo senso di potere supremo è intrinseco nel colore nero, il più utilizzato nella scenografia; non a caso, nel ‘500 i velluti e broccati neri erano stoffe di grande pregio, che solo gli uomini davvero potenti potevano permettersi.