Ad aprire la 70° edizione del Festival di Cannes è stato il film francese “I fantasmi di Ismaël” (Les Fantômes d’Ismaël), diretto da Arnaud Desplechin, con protagonisti Mathieu Amalric, Marion Cotillard, Charlotte Gainsbourg e Louis Garrel.
Un film in cui il regista si inoltra in un cinema meticcio dove si ibridano molti generi e registri, dove si gioca, anche con troppo compiacimento, tra realtà e rappresentazione con uso di pirandellismi e hitchockismi. Molti fili si intrecciano, e alla fine molti restano scoperti lasciando lo spettatore con parecchie domande senza risposta. Desplechin, nel suo modo liquido di girare e raccontare, ci mostra la storia (le storie) del filmmaker Ismaël, ovviamente in crisi e in fuga dal set, che deve fare i conti con la moglie scomparsa misteriosamente ventun anni prima e data per morta, poi improvvisamente ritornata.
Proprio quando Ismaël, dopo tanto penare e soffrire, si è giusto risistemato con l’assai comprensiva astrofisica Sylvie, interpretata da Charlotte Gainsbourg, che in questo film è il centro di gravità permanente, l’ancoraggio, la stabilità. Ma Desplechin vuole incrociare i sentieri narrativi, biforcarli, moltiplicarli, disgiungerli e ricongiungerli, per chissà quale ansia tardo avanguardistica o quale gioco veterostrutturalista, seguendo e facendoci seguire una, due, tre, quattro piste.
Quella di Ismaël e dei suoi deux amours, moglie e nuova compagna, quella del padre di Carlotta, la rediviva che non ce la fa a ricollocare quel ritorno nel suo orizzonte, quella del fratello di Ismaël di nome Ivan, di cognome Dedalus, diplomatico francese dalla vita avventurosa nonostante una postura esistenziale alquanto passiva e indolente, probabile spia non si sa al servizio di chi, forse di più padroni contemporaneamente.
Il limite maggiore de “I fantasmi di Ismael” è che la sua pluri narrazione, la costruzione multifocale e a labirinto, non funziona sempre, anzi, quasi mai, fratturando la pellicola secondo linee di faglia che separano e fanno collidere una storia con l’altra. Funziona molto bene la parte più melodrammatica, quella di Ismaël alle prese con le sue due donne, Cotillard la ritornante e Gainsbourg che l’ha riportata a galla dopo tanto penare.
di Benedetta Longobardi