Daniel Radcliffe, il maghetto più famoso del pianeta, dismette (per sempre?), i panni di Harry Potter e indossa quelli di un avvocato inglese, Arthur Kipps, che sopo la morte di una sua assistita parte per Eal Marsh House, una tenuta dispersa in mezzo alla brughiera inglese, per venderla. E’ questa la trama del film, ora nelle sale cinematografiche, The Woman in Black. Dopo aver salutato il figlio Joseph a Londra Kipps, dunque, parte alla volta del paesino dove si trova la tenuta. L’accoglienza della gente del luogo è glaciale, restia alla sua presenza cercano di farlo ritornare a Londra, ma Kipps ligio al prorprio dovere, ignaro, e anche incuriosito dai loro comportamenti si trasferisce proprio nella casa per trovare i documenti che cercava. Il mistero ruota tutto attorno alla presenza di una donna vestita di nero che costringe i bambini degli abitanti del posto al suicidio. Kipps scoprirà che la donna in nero è arrabbiata perchè in vita la sorella e padrona della casa le aveva “rubato” il figlio e l’aveva segregata in una stanza per “proteggerla”. L’ impavido Kipps con l’aiuto di Sam (Ciarán Hinds), un amico del luogo al quale era morto un figlio a causa del fantasma, recupera il corpicino del bimbo sepolto da anni nel fango, e gli dà una degna sepoltura con la madre. Tutto sembra finito, la dama è scomparsa, ma all’arrivo del figlo di Kipps nella cittadina, ricompare prendendosi con sè sia lui che il padre. Daniel Radcliffe si è buttato in questa avventura cinematografica con la consapevolezza di volersi scrollare dalle spalle l’immagine, tanto celebre quanto limitante, del maghetto, e in questo film si ricongiunge con il suo lato oscuro rendendo il personaggio un concentrato di contraddizioni e paure.
Giulia Rozza