Il cinema per raccontare al di là delle etichette
Più volte bisogna aspettare molto, quasi la fine della carriera, perché un regista si decida a narrare qualcosa di delicato, intimo, che lo ha segnato nella propria vita. Pensiamo al premio Oscar Sorrentino l’anno scorso a Venezia… È il caso anche di Emanuele Crialese, tornato a Venezia, questa volta con un film autobiografico che ripercorre la propria infanzia.
I temi sono due, ma in realtà si intrecciano: la dannosità di una cultura maschilista e concentrata sulle apparenze (soldi, stereotipi culturali..), che colpisce Clara, ma anche, e soprattutto, la questione del genere da differenziare dal sesso biologico, che colpisce la figlia Adriana, o meglio il figlio Andrea. Ed è proprio Andrea a interpretare il sé dell’infanzia di Emanuele, anche lui nato donna e poi passato per un percorso di transizione.
Clara (Penelope Cruz) è una donna, molto bella, ma sfortunata, che fuggita dalla Spagna si ritrova incastrata in un matrimonio in crisi. Il marito la bistratta e la umilia, e non è per niente in grado di voler bene ai figli, con i quali è distante affettivamente e a volte anche aggressivo. La famiglia di lui è piena di stereotipi, falsa coscienza, e paure verso ciò che diverge da certi canoni. E sarà proprio Adriana-Andrea a far cadere le “illusioni”, e non solo perché comincia ad accettare la propria vera identità, ma non vi roviniamo la sorpresa.
Dolcezza e spensieratezza
Il film è di una semplicità disarmante. Non è mai melodrammatico, le scene di aggressività e dolore non sono mai prolungate. Utilizza le musiche, con veri e propri stacchi da musical, solo per raccontare i momenti di naturale spensieratezza di Clara e Adriana/Andrea. Probabilmente, proprio per questo, rende difficile entrare nella complessità e rischia di sembrare didascalico, con personaggi senza personalità; ma il film riesce comunque a trasmetterci la sincerità e la forza di un animo che ha saputo resistere a numerose difficoltà. E bisogna considerare una nota positiva in tutto ciò, il fatto che non si compiange mai addosso, è vitale, come a confermare il desiderio di respiro che lo muove (tra l’altro Adriana/Andrea soffre di asma). L’immensità è il respiro che invita a prendere questo film di fronte alla tentazione di cedere a una presunta normalità, ai “sentiti dire”.
Catartico inoltre è il dialogo tra Clara (Penelope Cruz) e il marito. Quando il marito con tono aggressivo, dopo aver commesso torti e violenze, esclama: “sono l’unico normale in questa casa!” e Clara guardandosi allo specchio (ma guardando lui fuori campo e in toni dolci) risponde: “perché tu saresti quello normale?”. É uno dei momenti in cui Clara prende consapevolezza, ma come già detto sarà Adriana-Andrea la vera liberatrice del film.
Ci sono diverse scene in cui il film riesce anche a strappare delle risate al pubblico, con la delicatezza e spensieratezza di chi sa guardarsi dentro e vivere intensamente. E Penelope Cruz sa trasmetterci tutto ciò moltissimo. Non solo, ma Andrea ed Emanuele sono belli quanto lei, a confermare che l’immensità del femminile e del maschile non conosce confini.