“No Escape – Colpo di Stato” è arrivato nei cinema il 10 settembre e ci racconta di un americano ( Owen Wilson) trasferitosi per lavoro con moglie e figlie nel sud est asiatico. Per Owen, noto principalmente per i personaggi divertenti interpretati finora nelle commedie di maggior successo degli ultimi anni, questo è un progetto totalmente diverso. Il film, infatti, descrive l’incubo che la famiglia americana vive quando l’instabilità politica del paese in cui si trova si trasformerà in una violenta rivolta, costringendo l’uomo e la sua famiglia ad una disperata fuga in cerca di una via d’uscita. Senza nessuna conoscenza militare, nessuna spiccata capacità da uomo d’azione, il protagonista dovrà cercare di mantenere in vita la propria famiglia.
“No Escape” è un action thriller teso e senza esclusione di colpi. L’uomo d’affari americano Jack Dwyer (Owen Wilson), sua moglie Annie (Lake Bell) e le loro due giovani figlie arrivano nel sud est asiatico per iniziare una nuova vita. Mentre la società di Jack prevede di migliorare la qualità dell’acqua della regione, la famiglia si ritrova rapidamente nel bel mezzo di una violenta rivolta politica in cui ogni occidentale diventa un bersaglio. Ribelli armati attaccano l’hotel dove la famiglia soggiorna con l’intenzione di uccidere tutti gli stranieri che incontrano. In mezzo al caos, Jack deve trovare un modo per salvare se stesso e i suoi cari. Ad aiutare Jack e la sua famiglia un affascinante e misterioso sconosciuto interpretato dall’ex James Bond Pierce Brosnan.
“No Escape” non lascia spazio a sfumature, è una corsa per la sopravvivenza in puro stile “noi contro loro / sopravvivere o morire”, e da questo punto di vista l’adrenalina non manca. Il film è stato criticato per la sua rappresentazione unidimensionale dei “cattivi” del film, nonostante in una fugace scena si denunci il male rappresentato dall’imperialismo aziendale.
Alla regia c’è John Erick Dowdle, che ha già diretto l’interessante horror “Necropolis – La città dei morti”, il thriller “Devil” e l’horror “Quarantena”, remake americano dello zombie-movie spagnolo “REC”.
John Erick Dowdell conferma in “No Escape – Colpo di stato” il talento naturale nel dosaggio intensivo e ben misurato della tensione: le ripetute e incalzanti sequenze di fuga della bella famigliola americana dalle mitragliatrici dei killer frenano il respiro e agganciano alla poltrona. Il regista dimostra di sapersi servire di pochissimi elementi in campo (vedasi la scena nell’hotel: rumori, urla, una camera in cui nascondersi è inutile, corridoi sgombri, una bambina in piscina ignara di tutto), utilizzandoli come efficaci ed efferati grimaldelli scatenanti una costante ansia a fior di pelle.
È almeno da “Hostel” che è cambiata la relazione che il cinema americano ha con il ruolo del proprio paese nel mondo; ha infatti preso una piega di condanna più esplicita e diretta. Al di fuori degli Stati Uniti c’è un pianeta che in gran parte (specie dove il benessere non è diffuso) non ama per niente l’America e lo manifesta vendicandosi contro i cittadini americani. Quella degli Stati Uniti come salvatori del mondo e dei loro nemici come cattivi è rimasta una visione di minoranza, perché sempre di più studios e dintorni raccontano storie che, se ambientate all’estero, vedono gli americani scontare le colpe del proprio paese. “No Escape” si inserisce perfettamente in questa tendenza, annullando anche l’altro concetto tipico del cinema di suspense e azione che si svolge all’estero, ovvero quella strisciante sensazione che “uno dei nostri equivale a 100 dei vostri”, diffusa dal cinema di guerra prima e poi da quello d’azione anni degli anni 80.
Il film ideato dai fratelli Dowdle, a partire dalla visione distopica di una loro reale esperienza, mette un uomo comune, privo di grandi capacità ed eroismo a contatto con la meno auspicabile delle situazioni e nello scorrere della sua tragedia rimarca più volte come l’inferno che vive sia tutto figlio della politica estera dei paesi occidentali e, ovviamente, degli Stati Uniti in primis. Non è lui ad aver ragione ma quegli spietati assassini, che ci appaiono come macellai insensati, intenzionati a vederlo morto ad avere le motivazioni più inattaccabili.
I Dowdle (uno regista, l’altro produttore, ma entrambi sceneggiatori) sono fedeli alla linea del disimpegno e dell’intrattenimento, ma non smettono di raccontare dei percorsi di paura e tensione, al chiuso come all’aperto.
Di Arianna Lestini