Gli Academy premiano la libertà di Frances McDormand e Chloé Zhao, la forza rivoluzionaria di Emerald Fennell e ricordano le grandi perdite di Sean Connery e Morricone. Quest’anno la 93esima edizione della cerimonia degli Oscar è donna, e parla tutte le lingue.
Nell’anno in cui tutto è cambiato, anche una tradizione come gli Oscar doveva reinventarsi. Lo storico Dolby Theater rimane impresso dei ricordi senza mascherine delle precedenti edizioni degli Academy. La 93esima edizione, invece, va in onda dalla Union Station di Los Angeles: tra il pubblico solo i candidati, divisi in tavoli da quattro, nessuna poltroncina rossa o scalinata d’oro. La notte più famosa del cinema internazionale, in onda nella notte italiana tra il 25 ed il 26 aprile, si apre con un soleggiato Red Carpet, animato da interviste ai protagonisti della serata ed esibizioni dei vari cantanti nominati.
La 93esima edizione, nonostante tutte le limitazioni, è soprattutto l’edizione trionfo delle donne e delle prime volte. Chloé Zhao, infatti, con il suo “Nomadland” conquista tre statuette su sei candidature, tra cui quella come Best Director, risultando la seconda donna in America e la prima asiatica nella storia degli Academy. Una conquista che afferma il cammino che l’industria cinematografica sta compiendo verso l’inclusività, a modello di una società per cui le nuove generazioni stanno lottando. A dimostrazione di ciò, l’attrice sudcoreana Yuh Jung Youn viene insignita della statuetta per il ruolo di attrice non protagonista nel film coreano Minari. Mia Neal e Jamika Wilson vincono il premio Best Make-up e Hair style nel film “Ma Rainey’s Black Bottom”, diventando le prime donne afroamericane a conquistare l’Oscar nella categoria.
Tutti i vincitori
I pronostici davano Carey Mulligan vincitrice del premio Best Actress per il suo ruolo nel film “Una donna promettente”. Al contrario, la regista e sceneggiatrice Emerald Fennell, che alla cerimonia sfoggia un abito floreale e una sorprendente baby bump, vince come Best Original Picture. Mentre la migliore attrice è a pieno titolo Frances McDormand, che in questa edizione, da attrice e da producer di Nomadland, porta a casa due statuette, come Best Picture e Best Actress, che accetta con brevi discorsi incisivi e un ululato di ringraziamento ai nomadi incontrati durante le riprese del film inno alla libertà.
L’Italia torna a casa sconfitta dopo la mancata vittoria di una delle voci nazionali più belle, Laura Pausini, candidata con la canzone “Io si (Seen)” del film “La vita davanti a sé”. Si accaparra la statuetta per Best Original Song la cantante H.E.R con la canzone “Fight for you”, colonna sonora del film “Judas and the black Messiah”. Neanche “Pinocchio” di Matteo Garrone ha conquistato i cuori della giuria, perdendo la vittoria per Migliori costumi e trucco.
Grande assenza del miglior attore, Anthony Hopkins, azzeccato da tutti i pronostici per un’interpretazione impeccabile e senza eguali nel film “The Father”, nominato anche Miglior Sceneggiatura non originale. L’Oscar di Hopkins, consegnato da Joaquin Phoenix quasi come un passaggio del testimone, rimane senza padrone e senza emozionante discorso. La sud coreana Youn trionfa, strappando il premio a Glenn Close, otto volte nominata e destinata ancora una volta a cedere l’omino d’oro.
Il londinese Daniel Kaluuya ritira incredulo il premio come Migliore Attore non protagonista per il film “Judas and the Black Messiah”. Mank porta a casa le statuette per Best Production Design e Best Cinematography, mentre la “maledizione di Nolan” fa guadagnare al film Tenet una sola vittoria per la categoria Effetti speciali, a discapito di ciò che gli esperti considerano un’ingiusta mancanza tra le liste più importanti. La Pixar vince due statuette con il suo “Soul”, nominato Miglior Film d’animazione e Migliore colonna sonora. Si vola in Danimarca per il Miglior Film Internazionale, dopo un breve omaggio a “La Strada” di Fellini, Laura Dern consegna il premio a Mads Mikkelsen per il film “Un altro giro”.
di Annastella Versace