Pelé – il dio del calcio
Questa non è solo la storia di Edson Arantes do Nascimento in arte Pelé, ovvero il più grande giocatore della storia; questa è la storia di un giovane uomo che attraverso il calcio ha riscattato una nazione intera.
Storia di un uomo e della sua nazione
Pelé ha solo 17 anni quando vince il suo primo mondiale in Svezia nel 1958, il primo di tre trofei mondiali vinti dal brasiliano: il secondo nel 1966 e il terzo nel 1970.
In quell’anno viene dichiarato “tesoro nazionale”, per “vincolare” la sua carriera calcistica al suolo brasiliano, ma risulta chiaro fin da subito che Pelé non si sarebbe allontanato dal suo paese nemmeno per tutto l’oro del mondo: la sua storia di uomo e di atleta si intreccia inestricabilmente con quella della sua nazione, che proprio in quegli anni si trasformava un paese moderno, problematico, ricco di bellezze e contraddizioni, povertà, speranza, violenza.
Pelè diventa subito un’icona (forse l’ultima vivente del XX secolo) mondiale, del calcio in particolare e dello sport in generale, ma diventa soprattutto un simbolo nazionale, come una bandiera o un inno, un uomo che riunisce tutto il popolo brasiliano, che mette d’accordo tutti, e che fa sì che il mondo intero parli e si interessi del Brasile.
Maradona o Pelè?
Il regista e il co-regista del documentario “Pelé – il dio del calcio” (disponibile su Netflix dal 23 febbraio), David Tryhorn e Ben Nicholas, lo paragonano a Elvis, a Neil Armstrong, chiarendo fin dal principio che il loro non è un film su un giocatore, un film che mette a confronto il suo talento con quello di Maradona o Messi o altri giocatori contemporanei: Pelé – il dio del calcio non è solo un documentario, una serie di interviste, bensì un film storico, drammatico, politico, sociale.
La pellicola contiene infatti immagini e filmati originali dell’epoca ma anche testimonianze di amici, parenti, collaboratori e dello stesso Pelé, vincitore di un record mondiale e eroe nazionale, che con semplicità e una palla tra i piedi ha fatto sognare il mondo intero.
di Alessandra Baio