Rambo – Last Blood: l’eroe diventa sempre più implicitamente repubblicano
Inaudita violenza, sete di vendetta, messicani abominevoli ed esortazione all’innalzamento di un muro sempre più alto. È senza pace lo Stallone che, dopo una lunga gestazione e una rumorosa presentazione a Cannes, esordisce con Rambo – Last Blood sui grandi schermi.
L’idea alla base della pellicola che, stando al titolo, si presenta ipoteticamente quale ultimo capitolo della storica saga, proviene proprio dall’attore protagonista (nonché co-sceneggiatore). Già nel 2009 infatti, Sylvester Stallone aveva avanzato la proposta di ritrarre lo scontro tra John Rambo e il cartello messicano. La regia è firmata Adrian Grunberg, scelta che non avrebbe potuto essere più azzeccata. Grunberg vanta un corposo curriculum in merito a vicende mesoamericane; ne è esempio eclatante la sua posizione come assistente alla regia della serie Narcos.
Reduce dal Vietnam, John Rambo appare finalmente potersi concedere il meritato riposo. Le prime scene del film lo ritraggono nel suo ranch in Arizona, dove vive con Gabrielle, nipote che ha allevato come figlia, e Maria, domestica. Non è però tutto oro quello che luccica: questo universo idilliaco è in realtà un’illusione, perché Rambo è ancora corroso dai fantasmi del passato. Il veterano ha infatti cosparso la tenuta di famiglia di cunicoli sotterranei e trasformato lo scantinato in un arsenale bellico a tutti gli effetti. Stallone aveva speso qualche parola a proposito di questi tunnel già al festival di Cannes: «Ha ancora il complesso del sopravvissuto, perché non ha potuto salvare i suoi amici in Vietnam. Così pur avendo un bel ranch vive sottoterra, è il suo modo di affrontare questo dilemma».
Questo equilibrio iniziale viene interrotto quando Gabrielle decide di avventurarsi oltre la frontiera messicana alla ricerca del padre biologico. Al di là del muro, la ragazza finisce nelle grinfie dei trafficanti sessuali e Rambo segue le sue tracce in una sanguinosa missione di salvataggio. Ad affiancarlo c’è la reporter Carmen Delgado (interpretata da Paz Vega), da tempo impegnata nel coverage delle vicende relative ai cartelli della droga.
Rambo, l’eroe repubblicano e il manifesto propagandistico trumphiano
Azioni e dialoghi sono di una crudità estrema, mantenendosi in linea con il dichiarato intento di confluire nello splatter, così da controbilanciare il budget limitato. Sono senza peli i confronti tra schiavisti e papponi, gli ultimi dei quali non hanno pudore nell’ostentare il guadagno arrecatogli dalle prostitute. Un’avventura che non avrebbe certo potuto concludersi con un lieto fine.
I messicani e la loro terra vengono visti attraverso gli occhi di un profondo odio. Ritratti quali spregevoli, aggressivi, irrazionalmente vendicativi e anche un po’ idioti, incarnano la perfetta caricatura attribuitagli dal filone di pensiero trumphiano. In effetti, già Ronald Reagan aveva identificato in Rambo l’eroe repubblicano ideale. Stallone ha dichiarato di ritenersi praticamente “politicamente ateo” e ha ribadito il concetto che il personaggio di Rambo non sia un “animale politico”. Tuttavia, inconsapevolmente oppure no, in Rambo – Last Blood è possibile riconoscere tutte le connotazioni di un manifesto propagandistico trumphiano. Il film sembra suggerire la necessità di costruire un muro ancora più grande e resistente, nel tentativo di contenere la minaccia messicana. Morale tutt’altro che pacifica.
La Casa Bianca gradirà senz’altro, ma il pubblico?
di Lisa Panzeri