The Dead Don’t Hurt – I morti non soffrono, la seconda prova da regista di Viggo Mortensen, è un film che trascende i confini tradizionali del western, presentando una narrazione poetica e intensa dedicata a temi come la forza, la vulnerabilità e il coraggio femminile.
Presentato alla Festa del Cinema di Roma e in uscita il 24 ottobre, il film racconta la storia di Vivienne Le Coudy, interpretata magistralmente da Vicky Krieps, e del suo tumultuoso rapporto con Holger Olsen, interpretato dallo stesso Mortensen.
Una storia di amore e resilienza
Ambientato negli anni ’60 dell’Ottocento, il film segue Vivienne, una donna indipendente e forte, che incontra Holger a San Francisco. Nonostante le pressioni sociali e il contesto difficile, i due si innamorano, ma le loro vite vengono presto stravolte dallo scoppio della Guerra Civile. La loro relazione, quindi, diventa un microcosmo di lotte più ampie: Vivienne deve affrontare la corruzione e la violenza che la circondano, mentre Holger è costretto a confrontarsi con la guerra e le sue conseguenze.
Un western rinnovato
Viggo Mortensen non si limita a presentare un classico racconto western; piuttosto, utilizza il genere per esplorare questioni di identità, lotta e accettazione. La scelta narrativa di aprire il film con eventi che si svolgeranno alla fine, seguita da un uso sapiente dei flashback, offre una struttura che invita lo spettatore a riflettere su come le esperienze passate influenzino il presente. Questo approccio quasi “anti-climatico” permette al film di concentrarsi sull’interiorità dei personaggi, in particolare quella di Vivienne, che emerge come un’eroina complessa, capace di affrontare la violenza del mondo maschile senza mai perdere la propria dignità.
Vicky Krieps: il cuore del film
Vicky Krieps, con il suo volto espressivo e magnetico, è il cuore pulsante di The Dead Don’t Hurt. La sua interpretazione di Vivienne va oltre il mero simbolismo di forza femminile, incarnando una donna che vive con passione e determinazione. Krieps riesce a trasmettere una gamma di emozioni che va dalla vulnerabilità alla ribellione, rendendo il suo personaggio memorabile e profondo. La sua chimica con Mortensen è palpabile, e i momenti in cui i due si confrontano sono tra i più toccanti del film.
Un’analisi profonda della violenza e del potere
Mortensen utilizza la violenza non come fine a sé stessa, ma come mezzo per esplorare la condizione umana e le dinamiche di potere. La rappresentazione del capitalismo come legato al maschilismo è una delle chiavi di lettura del film, evidenziando come la lotta per il possesso, sia esso materiale o corporeo, definisca le relazioni tra i personaggi. La violenza subita da Vivienne non è solo fisica; è anche una riflessione delle pressioni sociali e delle aspettative di genere che permeano la sua vita.
Mortensen riesce a creare un’opera che parla di amore, guerra e resilienza, mantenendo il focus sui volti e sulle emozioni piuttosto che sulle splendide immagini paesaggistiche tipiche del genere. Con un messaggio che risuona con forza nella contemporaneità, il film invita gli spettatori a riflettere sulle sfide delle relazioni umane e sul potere della scelta in un mondo spietato.