Il Traditore: la storia di Tommaso Buscetta, boss della mafia che negli anni ’80 rompe il giuramento di silenzio e inizia a collaborare con lo Stato italiano
“Noi dobbiamo decidere solo una cosa: chi deve morire prima”. Questa la frase pronunciata dal protagonista al giudice Falcone, quella che forse esemplifica alla perfezione l’essenza e lo spirito del film. Il regista ci introduce nell’atmosfera di quegli anni con la scena di una festa di riconciliazione tra le storiche famiglie palermitane e quella nuova dei Corleonesi. I due schieramenti sembrano trovare un accordo sulla spartizione del traffico di droga, ma Buscetta non si sente al sicuro e si rifugia in Brasile. Tuttavia, il boss viene arrestato ed estradato in Italia, dove lo attende una condanna a morte per mano della cosca di Totò Riina. Qui entra in gioco Giovanni Falcone, che gli offre la possibilità di cambiare il proprio destino e, forse, quello del popolo italiano: collaborare con la giustizia. Da questo momento una serie di dichiarazioni porterà i giudici al maxiprocesso di Palermo, dove 475 mafiosi verranno imputati.
Tommaso Buscetta: il pentito non pentito
Il protagonista viene spesso nominato come “il pentito” della mafia. Tuttavia, Marco Bellocchio dà una precisa chiave di interpretazione del personaggio e la si può trovare in queste parole: “Io sono stato e resto un uomo d’onore. Per questo non mi considero un pentito”. Buscetta non vuole essere dipinto come un eroe, ma come un uomo coraggioso che crede in alcuni ideali e in nome di essi è pronto a tradire persino se stesso. Egli rimane fedele alla propria Famiglia ma rinnega la corruzione di quei valori per lui fondamentali da parte della nuova mafia di Totò Riina. Si ribella a un regime assassino ormai lontano dall’organizzazione tradizionale in cui è cresciuto. Tradisce la tradizione ma solo per salvarla. È un personaggio contraddittorio, dal carattere forte e carismatico. Viene ritratto in modo realistico e con molto rispetto a prescindere dall’etica. Da questo si riconosce l’indiscutibile maestria di un regista come Bellocchio.
Un film per re-istruire gli italiani sulla propria storia
Ne Il Traditore, Marco Bellocchio trova un modo inedito di raccontare un argomento abusato dal cinema e dalla TV italiane: la criminalità organizzata. Come in altri suoi film basati sulla storia – Buongiorno notte o Vincere, per esempio – dirige un quadro realistico che re-istruisce gli italiani. Il Traditore vuole ricordare a tutti noi il ruolo fondamentale di Tommaso Buscetta nella lotta contro la mafia. È stato lui a fornire gli strumenti per conoscere l’organizzazione e i suoi meccanismi che oggi conosciamo. Scoprire che uomini come Falcone e Borsellino abbiano avuto bisogno dell’aiuto del boss dei due mondi per avviare la guerra contro la Piovra fa riflettere molto. La bravura di Bellocchio sta anche nella capacità di raccontare un personaggio ambiguo come Buscetta: un uomo appartenente a un mondo fatto di regole malate ma che forse poteva definirsi corretto.
Il traguardo di Pierfrancesco Favino e il successo de Il Traditore
Non si può parlare de Il Traditore senza nominare Pierfrancesco Favino, tra gli attori più poliedrici della scena contemporanea italiana. In questo film lo vediamo destreggiarsi perfettamente tra italiano, inglese, brasiliano e siciliano, mettendocela tutta in un ruolo in cui ha fortemente creduto fin dall’inizio. Interessante anche il modo in cui ha ottenuto la parte, incontrando il regista dopo il casting e cercando di convincerlo che fosse in grado di interpretare quel ruolo. Per Favino questo rappresenta un traguardo molto importante, soprattutto con la presentazione del film al Festival di Cannes. Nonostante non sia stata premiata, la pellicola ha riscosso un notevole successo manifestato dal pubblico con tredici minuti di applausi. Grande soddisfazione per tutti, in particolare per Bellocchio che la descrive come un’esperienza meravigliosa. Ora, con l’uscita del film nelle sale il 23 maggio, toccherà agli italiani dimostrare il proprio apprezzamento.
di Anna Alessandrini