“L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno”. Con queste parole, Pablo Picasso ha voluto riassumere l’essenza dell’arte, ovvero il suo essere multiforme, tanto per gli strumenti attraverso i quali prende vita, quanto per la fonte d’ispirazione dalla quale l’artista attinge. Alcune opere d’arte, nonostante la loro fama e la loro lunga storia, sono accompagnate da domande che ancora oggi faticano a trovare risposta. È il caso delle iconiche statue, i moai, che popolano l’Isola di Pasqua, una piccola isola ubicata nell’Oceano Pacifico.
L’Isola di Pasqua (in lingua nativa Rapa Nui) è ubicata a 5 ore di volo da Santiago de Chile, ma ciò che affascina e incuriosisce i ricercatori e i turisti che non si lasciano scoraggiare dall’amena posizione, attirandoli sul suo suolo dal clima subtropicale, sono i giganti di pietra che da secoli vegliano sull’isola e sui suoi abitanti. Le imponenti statue monolitiche sono circa 800, e racchiudono molti interrogativi sul loro significato e su come siano state spostate dalle cave di tufo nelle quali venivano scolpite fino ai luoghi sacri.
I moai sono stati creati scolpendo un unico blocco di tufo vulcanico e raffigurano delle enormi teste; alcune di esse, ricavate da un tipo di tufo dal colore rossastro, hanno sulla testa un pukao, il quale potrebbe essere un copricapo o l’acconciatura maschile utilizzata all’epoca. Studi recenti hanno dimostrato che le statue non raffigurano semplicemente delle teste, ma sotto di esse vi è anche un busto sul quale sono state incise delle scritte in rongorongo, una forma di scrittura creata sull’Isola di Pasqua ma che ancora nessuno è stato in grado di decifrare.
Sul vero significato dei moai ancora non c’è una posizione certa e unanime, ma le teorie più accreditate sostengono che siano dei portatori di prosperità (ipotesi avvalorata dalla loro posizione con lo sguardo rivolto all’interno dell’isola), delle offerte per le divinità o, nel caso di quelli dalle dimensioni ridotte, le rappresentazioni di defunti personaggi di spicco della comunità del luogo. Un altro quesito ancora senza risposta riguarda la modalità utilizzata dai primi abitanti dell’isola per spostare le statue dal luogo di produzione fino alla sistemazione prescelta.
Trattandosi di sculture in grado di raggiungere i 10 metri di altezza e le 86 tonnellate di peso, per le quali era richiesto fino a un anno di lavoro, è facile immaginare la complessità dell’impresa. Le leggende del luogo sostengono che le statue venissero spinte dagli spiriti dei defunti, mentre gli studiosi sostengono due tesi principali: la prima, risalente al 1955, sostiene che la statua venisse fatta scorrere su rulli e, per sollevarla e posizionarla sul basamento in pietra, si adoperassero grandi tronchi usati come leve (il che avrebbe causato un problema di disboscamento), mentre un recente studio pubblicato sul Journal of Archaeological Science ha dimostrato che le statue furono spostate in posizione eretta, legate a delle corde per essere poi trasportate, come se camminassero, avvalendosi della sola forza delle braccia.
I curiosi – e i meno temerari – che vorranno sostare al cospetto dei misteriosi moai senza dover affrontare il lungo viaggio fino alla loro terra, potranno sempre ammirarne un esemplare al British Museum di Londra.
di Fabiana Althea Mazzariello