Ormai da tempo, l’arrivo dei primi freddi è sinonimo di pensieri che corrono al Natale, tra i cui simboli incontrastati spicca il panettone. Con un’offerta commerciale immensa – che, da anni, comprende anche delizie come i panettoni Infermentum, equilibrio perfetto tra gusto e naturalezza degli ingredienti – questo dolce è unico nel suo genere anche perché raccontarne la storia vuol dire fare un viaggio senza eguali tra leggenda e fonti storiche.
Per quanto riguarda la prima, l’aneddoto più famoso è indubbiamente quello che vede protagonista Toni, garzone di cucina alla corte di Ludovico il Moro che, accortosi che il dolce per la tavola della vigilia di Natale stava bruciando, decise di lavorare, per salvare la cena del signore di Milano e dei suoi commensali, un panetto di lievito conservato per il 25 dicembre, aggiungendo ingredienti come la farina, le uova, le uvette, i canditi e lo zucchero.
Da non dimenticare è anche la leggenda di Suor Ughetta che, secondo la tradizione, avrebbe preparato un dolce affine al panettone per regalare un sorriso alle sue consorelle, che condividevano con lei la quotidianità in un convento molto povero, in occasione del Natale.
Con la leggenda di Ughetto degli Atellani, falconiere, torniamo alla corte degli Sforza, dove l’uomo esercitava la sua attività. Innamoratosi di Adalgisa, figlia del panettiere Toni, decise, per stare vicino alla sua amata, di lavorare sotto falsa identità per il padre di lei.
Grazie alla quotidianità in bottega, capì, in poco tempo, che l’attività aveva bisogno di una svolta per garantire alla famiglia il sostegno economico.
Una notte arrivò lo spunto creativo decisivo: a partire dall’impasto del pane, aggiunse zucchero, uova, cedro e uva passa, dando vita al panettone e aprendo la strada a un successo commerciale dai grandi numeri per l’attività di Toni, ma anche al consenso, da parte di suo padre, alle nozze con una giovane di ceto inferiore al suo.
Le leggende sulle origini del panettone sono a dir poco suggestive. Anche le fonti storiche non sono da meno. Tra le più autorevoli è da citare un documento risalente al 1470 e firmato dal precettore della corte sforzesca Giorgio Valagussa.
Nello scritto in questione, si parla dell’affascinante rito del ciocco. In cosa consisteva? Nell’usanza, tipica delle festività natalizie, di mettere sul camino ad ardere un ceppo di legno e nell’offerta, da parte del capofamiglia, di fette di pane preparate con farine di frumento ai commensali con i quali condivideva la gioia della tavola.
Nel XV secolo, era abitudine conservare alcune di queste fette per l’anno successivo. Per le classi più povere, il pane a base di farina di frumento, ingrediente pregiato, rappresentava un vero e proprio lusso, da godere, nella notte speciale della vigilia di Natale, con l’aggiunta di ingredienti come le uova, il burro e lo zucchero.
Un’altra data di svolta quando si parla di fonti storiche relative al panettone è il 1549: dall’anno appena menzionato, si parla, grazie a Cristoforo di Messisbugo, cuoco ferrarese, dell’esistenza di una ricetta ufficiale del panettone.