È sempre più facile e frequente incontrare ragazzi e ragazze che confessano di essere single appagati e di stare bene così. Hanno una casa in affitto o con mutuo, ma in entrambi i casi il costo è compatibile al loro stipendio, hanno un impiego a tempo indeterminato (che di questi tempi dà una sicurezza esagerata), amici con cui condividere week-end e vacanze, ed eventualmente anche un gatto o un cane per gli attimi di tenerezza…
Cosa serve di più? Perché avventurarsi in terreni insidiosi e infidi dove ci si può ferire, in maniera, a volte, quasi mortale? Poi, però, tutti aprono una piccola parentesi: “A meno che…a meno che non trovi qualcuno/a che riesca veramente a farmi emozionare…”
Ma emozionarsi cosa vuol dire? Provare un’emozione significa toccare, far vibrare corde che partono dal profondo del nostro cuore e della nostra anima. Cos’è infatti l’emozione? È un misto tra il desiderio di avere, di possedere, di stringere tra le mani qualcosa che ci piace molto, anzi moltissimo, e la paura, la delusione di non riuscirci, di essere rifiutati, di non piacere, invece, abbastanza. Desiderio e paura. Paura e desiderio. È questo conflitto, questa ambivalenza che ci fa battere il cuore, che ci fa tremare, ma anche sentire vivi, vivi di nuovo, pronti a lottare per qualcosa che ci interessa veramente, non assopiti in un limbo di nebbie, dolci quanto si vuole, ma che ovattano, attutiscono tutto, anche il senso della vita.
Ma questo conflitto, questa ambivalenza, non sembra molto simile a quella scatenata nei nostri sensi dalla vista di un corpo in parte vestito e in parte spogliato? Cosa di più elettrizzante, più stimolante per la nostra curiosità, i nostri sensi che lembi di pelle, di muscoli (nel caso di un uomo), che occhieggiano da un intimo raffinato e provocante, che esaltano la scultura del corpo? Che sembrano attirare e respingere contemporaneamente il nostro sguardo, che fanno sentire impudichi nell’andare avanti, ma che scatenano la nostra curiosità e il desiderio di toccare?
(di Marzia Aloni)