Quando pensiamo al mese di Dicembre, le prime cose che ci vengono in mente sono il Natale, la neve, la cioccolata calda, i pattini sul ghiaccio, il profumo delle spezie e…un buon libro da leggere al calduccio, magari in compagnia di un fuoco crepitante dentro un bel caminetto. Leggere un libro come rimedio terapeutico per l’anima e antidoto ai momenti di noia che si possono creare quando siamo in piena stagione fredda e fuori di casa, girano pinguini, orsi polari ed altre varie tipologie di animali da circolo polare artico.
Scherzi a parte, la letteratura, sin dai tempi che furono, appassiona e stimola milioni di lettori. E’ proprio attraverso la lettura che riflettiamo, sogniamo, cresciamo e maturiamo idee sulla vita e sul suo significato; attraverso gli occhi dei vari protagonisti dei libri possiamo osservare diverse prospettive sulla realtà e per un attimo, fuggire dal quotidiano e dal banale, per rifugiarci in un mondo alternativo fatto di azione, emozione ed avventura. Leggere per scoprire che c’è sempre un’alternativa, una possibilità, un regalo inatteso o molto più semplicemente un po’ di tempo da dedicare a noi stessi in santa pace, fuori dal caos metropolitano.
In campo clinico, Erving Polster suggerì nel 1987 che la vita di ogni persona può essere vista come un romanzo: la scoperta di tale analogia sarebbe già di per sè terapeutica. Se parliamo di identità narrativa, possiamo dire che ogni volta che ci presentiamo sia a noi stessi che agli altri, in realtà ci stiamo raccontando in un certo modo. Esiste a proposito una particolare forma di “psicoterapia narrativa”, dove il terapeuta narrativo è centrato per l’appunto sulla narrazione del racconto; questo tipo di psicoterapia si è sviluppato tra gli anni ’70/’80 per mezzo di un assistente sociale australiano, Michael White, in collaborazione con il collega e amico neozelandese David Epston.
Questo tipo di approccio si è molto diffuso in Nord America, grazie alla pubblicazione nel 1990 del libro Mezzi narrativi a fini terapeutici, che conteneva 6 tipi di conversazioni chiave. Ogni terapeuta narrativo agisce in modo diverso (ad esempio si possono utilizzare delle lettere o altri scritti), ma vi sono diversi elementi comuni che possono portare il professionista a lavorare “narrativamente” coi pazienti. Il terapeuta narrativo è interessato ad aiutare il paziente a far emergere e descrivere appieno la sua storia (o libro personale) e la sua esperienza di vita; più complete e dettagliate sono le sue storie, più si apriranno possibilità di cambiamento. In pratica, ciò che la terapia narrativa sostiene è che l’identità del soggetto sia principalmente modellata dal racconto e che sia unica della persona che lo narra.
Il verbo “narrare” richiama alla mente l’idea del racconto che in Psicologia è la narrazione di Sé. La narrazione diviene dunque: oggetto di ricerca per comprendere lo sviluppo linguistico del bambino, cura per il paziente attraverso le storie raccontate e modello di comprensione di eventi psicologici. Questo accade perché creando e raccontando storie, si assegnano significati alla propria vita, ricostruendo scenari passati e intravedendo strade future. Così facendo si osserva la vita da un’altra angolatura e si può comunicare questa visione agli altri; la narrazione permette quindi di ricostruire e dare significato ad alcuni aspetti della propria vita. Ricordare un evento vissuto porta ad una strutturazione della narrazione tale da influenzare il racconto stesso di quell’esperienza. La situazione in cui ci si trova mentre si sta raccontando e l’interlocutore a cui si narra, influenzano la narrazione, portando il soggetto narrante a selezionare e ristrutturare il ricordo.
La persona, sfogliando tra i suoi ricordi, sceglierà tutti i dettagli della storia che andrà a raccontare attraverso queste rappresentazioni, intese come organizzazioni interne e stabili che contengono l’esperienza personale del soggetto, i vissuti relazionali di sé e degli altri, e i caratteri affettivi ed emotivi che essi portano in sé. La parola dà poi vita a queste rappresentazioni, le rende comunicabili, le arricchisce di particolari e (alcune volte) le deforma, attribuendo a esse dei significati differenti da quelli depositati in memoria.
In conclusione, riprendendo le parole del grande saggio Eugenio Borgna, “ Noi siamo un colloquio”. Ricordatevi quindi, quando leggerete il vostro prossimo libro, che dietro a quelle pagine, righe e parole, risiede una narrazione molto più complessa di ciò che appare sotto ai vostri occhi, una narrazione fatta di idee, sogni ed esperienze.
di Sabrina Burgoni