Il Natale è un tempo di doni e di ricordi. Occasione per ritrovarsi a scambiare emozioni positive e cose buone nelle riunioni con amici e parenti. Si accede così a quel tempo psichico in cui passato e presente si fondono e le cose lontane tornano vive nell’azzerasi del tempo oggettivo segnato dai calendari e dagli orologi. Si rivivono così insieme antichi ricordi e con frasi fatte, ma realmente sentite, si esclama: “Sembra ieri!”. E ci si chiede, ma di tutti questi anni cosa resta? Indubbiamente resta poco. Poche persone vere e significative, pochi momenti cruciali in cui la vita ha preso svolte irreversibili. Ma in fondo questo “poco” è molto; in esso, per ciascuno, l’infinito si fa finito e il futuro diventa un presente intensamente vissuto. Tutto pare bello e sereno, ma non nascondiamocelo questi incontri sono anche spunto per il riemergere di vecchie ferite e rancori mai sopiti. La festa sembra guastarsi per quella frase inopportuna che taglia l’aria e ammutolisce tutti, oppure è la voce muta di quella persona assente, eterno convitato di pietra, a scatenare un nuovo conflitto tra i presenti. Lo spumante diventa fiele che si beve nella speranza che faccia male all’altro. Questo è il rancore; è avvelenarsi la mente nell’attesa di vedere distrutto chi ci ha fatto male. C’è un modo per uscire da questa spirale di risentimento? Come offrire o chiedere il dono del perdono? Solitamente le parti in gioco non riescono ad superare le barriere che hanno costruito. Servirà allora un mediatore, un terzo neutrale, non certo grigio e di buon senso, ma sovente spericolato, ironico e maledettamente intelligente.
Sarà lui a costruire la scena in cui i vecchi rivali potranno incontrarsi e vedersi un po’ diversi anche se pur sempre uguali. Sarà questo un dei doni più belli che riceveremo od offriremo… il prossimo Natale.
Marco Farina
psicoterapeuta