Rischio di morte e possibilità di rinascita (3° parte)

Nei mesi successivi si evidenzia una lenta e progressiva separazione dalle due donne. La rabbia è ormai assente, il loro disinteresse, e forse anche il mio, alla sua malattia diventa per lui un’occasione di salvezza: “il loro vedermi sempre forte mi ha impedito di rammollirmi, di cedere al male…” a cui si aggiunge una nuova libertà di pensiero “in fondo poi potrebbero anche doversi abituare a stare senza di me”. Sarà infatti lui a lasciarle convito che possano farcela da sole; così sua madre decide di chiudere l’attività di famiglia divenuta per lei troppo onerosa e insieme a lui sceglierà di conservare qualche oggetto simbolico del passato lavoro che aveva sempre svolto con il marito. Anche la sua compagna accetta l’idea di separarsi da lui “troppo presa dalla cura di suo figlio” accoglie le sue indicazioni per una nuova e più stabile collocazione dei lei e del bambino. Per lui è un periodo di vera rinascita; solo si dedica alla ricerca di una casa in montagna; acquista quello che chiama un “rudere” e decide di ristrutturalo; alla fine di una seduta mi dirà “mi sto ricostruendo anch’io”.

Maurizio ha quasi 49 anni, ha abbandonato la perenne giacca nera, i capelli son più lunghi, è in aspettativa dal lavoro e forse lo continuerà a svolgere a distanza dal “rudere”. Ha una nuova compagna: “anche lei ha visto la morte in faccia” per analoga malattia, dice che ne è geloso e che “ora il problema è solo riprendere la contraccezione, visto che ormai la chemio è finita”, infine ha il progetto di “scrivere qualcosa sul tema dell’ oncologia…”. Evidentemente non ha dimenticato la sua sofferenza e scrive perché qualcun altro tragga alimento dalla sua storia.

Marco Farina

Psicoterapeuta

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