“Piccole cose come queste”: un grido contro il silenzio

Cillian Murphy torna sul grande schermo in "Piccole cose come queste", diretto da Tim Mielants, per raccontare una storia di dolore, silenzi e redenzione

a cura della Redazione

Tratto dall’acclamato romanzo di Claire Keegan, il film ci porta nell’Irlanda degli anni Ottanta, un paese ancora intrappolato nelle rigide maglie del cattolicesimo e dei suoi tabù. Al centro della narrazione c’è Bill Furlong, un commerciante di carbone che vive una vita ordinaria fino al giorno in cui, entrando in un convento per una consegna, incrocia lo sguardo di una giovane donna prigioniera delle Magdalene Laundries, le famigerate lavanderie gestite dalla Chiesa.

Questi luoghi, riflesso di un patriarcato spietato, erano vere e proprie prigioni per ragazze madri, vittime di abusi e di una società ipocrita che preferiva tacere. La visione di quella giovane diventa per Furlong il punto di svolta: risveglia vecchi ricordi, ferite mai chiuse e la necessità di spezzare il muro dell’indifferenza che ha avvolto l’intera comunità.

Murphy offre una performance intensa e tormentata, mentre Emily Watson, nel ruolo della fredda madre superiora, incarna il volto oscuro di un sistema che opprimeva nel nome della religione. Il film intreccia il personale con il sociale, regalando una storia potente e necessaria che ci invita a riflettere su cosa significhi davvero essere complici del silenzio.

“Piccole cose come queste” non è solo un film; è un invito a guardare oltre, a sfidare l’ipocrisia e a dare voce a chi non l’ha mai avuta. Non perderti questa pellicola: sarà un viaggio duro, ma necessario.

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