Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sempre in sintonia come se fossero uno stilista a due teste, si trovano a rileggere la loro storiadi più di 30 anni e i vari capitoli dell’evoluzione della moda maschile. Dal 1990, quando hanno iniziato con l’Uomo, sono passati ormai 30 anni: realizzano quindi una collezione Re-edition che dal 1991 arriva ad oggi sul filo di una consapevolezza non nostalgica. Essere in grado di utilizzare gli archivi è una delle specializzazioni delle grandi organizzazioni, perché è l’unico strumento che permette di tenere sotto controllo la propria storia.
Orgogliosi di essere al centro dell’attenzione delle nuove generazioni, prima dell’inizio della sfilata dichiarano di aver compiuto un percorso sorprendente. Sono stati anche spinti dal fatto che da un po’ di tempo c’era la richiesta di capi storici, soprattutto dal 1995 ai primi anni 2000. Anche su molti account di reseller si nota la presenza di capi del marchio D&G e Dolce&Gabbana Uomo.
Al giorno d’oggi ci si accorge che le nuove generazioni cercano quel tipo di moda che però non trovano. Quindi, hanno pensato di fare ordine all’interno del loro archivio; da qui la collezione che arriva in passerella con uno styling dal ritmo sostenuto come una sinfonia rock ricongiunge i capi d’archivio con quelli nuovi.
Key Word: Random
Per dare senso alla collezione, gli stilisti affermano di aver messo insieme i pezzi originali dal 1990 al 2006 utilizzando un metodo cosiddetto “random”. Infatti, li hanno congiunti a loro volta con quelli disegnati per l’occasione. Il risultato dicono sia stato sorprendente per loro, ma anche per chi si trova a presenziare alla sfilata. Sono molti gli effetti alienanti che non appartengono a un déjà-vu bensì a un’attualizzazione di qualcosa appartenente al passato.
Al centro si trova l’immagine dell’uomo metrosexual della fine degli anni Novanta/inizio 2000. David Beckham è il simbolo insuperabile di quella tendenza a cui gli stilisti ammettono di aver fatto un tributo. Egli, infatti, materializza nei completi con il blazer bianco indossato sui jeans strappati o con la giacca classica del tuxedo abbinata ai jeans. Infatti, è stato proprio il calciatore inglese ad aver sdoganato il glamour da uomo.
Inoltre, su ogni capo in passerella c’è la presenza dell’etichetta Re-editing con l’indicazione dell’anno e della stagione: lentamente si forma non una «collezione d’archivio» ma una «collezione della memoria» personale di Domenico e Stefano. I due stilisti dicono di aver preso, tolto, e aver provato un senso di orgoglio, perché tante cose che hanno realizzato sono diventate storiche: come, ad esempio, i primi pantaloni stretch, i maglioni di corda (realizzati con lo spago dei pacchi). Tutta questa memoria è stata un riscoprirsi.
Una memoria che è anche una sorta di seduta analitica, che si rivela importante soprattutto per verificare il punto di rottura dell’onda, cioè il momento in cui uno stile acquisisce la storicità. La sfilata viene aperta da un modello in canottiera e slip: è il primo completo della linea di intimo, con gli slip alti e senza l’elastico con il logo. A seguire si trovano ad esempio le giacche interamente ricamate come i mantelli dei santi barocchi siciliani, i jeans strappati, le maglie lavorate a crochet e le camicie in pizzo. E ancora, le cravatte nere con i completi dai pantaloni a vita alta e la giacca oversize e via dicendo.
È una rivisitazione realizzata con allegria e affettuosità verso se stessi: «Siamo fortunati perché abbiamo iniziato a lavorare da molto giovani e ora a 60 anni possiamo rileggerci» dicono con un orgoglio ottimista e con la consapevolezza di chi ha scritto dei capitoli importanti di un voluminoso libro di stile. I due stilisti affermano di essersi divertiti molto a fare questo viaggio all’interno del loro archivio, e aggiungono che non si potrà dire che la collezione non sia Dolce&Gabbana.